Essere presenti al presente
Abbiamo bisogno di un punto di vista fisso che di volta in volta ci porti ad andare avanti. Io, un punto di vista, volevo costruirmelo; e un buon modo per farlo era “concretizzare un’idea”...
Peter Brook è stato un piccolo faro. Durante gli anni universitari i suoi libri hanno fatto da bussola, i suoi scritti raccontavano di come il teatro potesse allenarci a “essere presenti al presente”. Allenarci a essere esattamente in un tempo e in uno spazio preciso. Mentre leggevo questo pensavo che il teatro era un’ottima lente di ingrandimento per comprendere molte cose.
Peter Brook racconta come i punti di vista sono sempre in movimento, mutano, e nonostante ciò abbiamo bisogno di un punto di vista fisso che di volta in volta ci porti ad andare avanti. Io, un punto di vista, volevo costruirmelo; e un buon modo per farlo era “concretizzare un’idea”.
Così, a venticinque anni, tra il 2012 e il 2013 a Torino, invento un progetto chiamato EduScé LAB: un laboratorio di educazione alla scena e creazione teatrale. Penso a come costruirlo ma soprattutto con chi. Una cosa che avevo imparato negli ultimi tempi era che fare insieme era sempre meglio che far da soli.
Allora inizio a pensare a un po’ di persone che mi potessero aiutare nella conduzione… Penso a Gabriele che fa il danzatore ma è anche uno sportivo (oltre a essere un bravo studente di fisica). Sa allenare gli altri e potrebbe curare la prima parte di questi laboratori: azione fisica, training, esercizi di gruppo. Penso poi a Luciana e Francesco che insieme si fanno chiamare Maniaci d’Amore. Loro sono bravi a comporre storie, a scriverle, hanno un gusto tutto personale e potrebbero aiutarmi nella parte dedicata alla creazione di storie.
E poi ci sono un po’ di amici che in giro stanno gestendo “spazi teatrali”. C’è Andrea, un mascheraio (sì proprio uno di quelli che fa le maschere da Commedia dell’Arte), lui ha aperto il suo spazio alle Officine Creative Ansaldo a Milano, vicino Porta Genova, tra i Laboratori del Teatro della Scala e il quartier generale di Armani. Ci sono Carlotta e Mimmo che a Potenza hanno creato Gommalacca Teatro e hanno aperto un piccolo teatro nel quartiere Cocuzzo dove c’è un enorme Serpentone edilizio di case popolari. Poi c’è Valentina, strapiena di vitalità, che a Torino gestisce il CAP 10100, un centro di protagonismo giovanile sul lungo Po, dove una volta c’era la Scuola del Teatro Stabile di Torino. E ancora Licia e Riccardo con Fibre Parallele, loro hanno una sala teatrale a Bari a pochi metri dal mare. E altri luoghi e persone a Udine, Bruxelles, Pisa, Venezia…
In poco tempo capisco che quando hai un’idea - se questa è buona e sai convincere gli altri che un’idea è buona - allora gli altri sono disposti a fartela realizzare. Avevo capito in poco tempo che di educazione alla scena, di laboratori creativi, di costruzione in gruppo, ce ne era bisogno. Non solo per me. Così nasce una mappa di luoghi pronti a ospitare EduScé LAB; e insieme a EduScé LAB anche noi conduttori veniamo accolti.
In ognuno di questi weekend componiamo delle “comunità provvisorie” che durano il tempo di un fine settimana: le persone si iscrivono e versano una quota, hanno età e provenienze formative diverse. C’è chi è attore, come Enoch, che ha fatto l’Accademia Nazionale di Roma, c’è chi è avvocato, come Massimo, e vuole allenarsi a parlar bene davanti a un pubblico. In ogni weekend si iscrivono una ventina di persone. A volte trenta. A volte alcuni girano l’Italia partecipando a più tappe, così conoscono città e nuove persone. Noi conduttori, poco più che ventenni, cerchiamo di accogliere i partecipanti nel migliore dei modi iniziando ogni incontro così: “abbiamo poco da insegnare ma molto da condividere”.
Portiamo EduScé anche a Roma, al Teatro dell’Orologio, vicinissimi a Piazza Navona. Un’ottima occasione per invitare Michele Cavallo, il direttore del Master in Teatro Sociale della Sapienza che avevo conosciuto qualche anno prima. Lui viene con i suoi studenti (nel tempo il Master aveva ripreso vita) e costruiamo per loro una sessione dedicata. Sempre a Roma ci invita a incontrare gli studenti un’altra prof. che si chiama Alessandra Fagioli, insegna scrittura creativa in Accademia di Belle Arti. Una di quelle prof. che vuole gettare ponti tra la formazione accademica e il mondo reale. Così accade che uno degli studenti, Gianluca, si innamora del nostro progetto e ci scrive anche una tesi di laurea (se ti va, dopo, potresti sfogliare le pagine della tesi su EduScé cliccando qui: link).
Alla fine di questo percorso, durato un po’ di tempo, trovo alcuni appunti in un mio quadernino dedicato al progetto. Nel quadernino ci sono fogli sparsi, scalette dei laboratori, esercizi creativi segnati a matita, altri stampati e trascritti nei mesi prima. Trovo alcuni ingredienti che avevo scritto nel programma: “gioco scenico come educazione all’ascolto”, “drammaturgia dell’azione come ricerca della propria presenza”, “racconto teatrale come sviluppo del proprio tratto personale”.
E infine trovo anche qualcosa di dimenticato, un’impressione scritta di quello che stavamo vivendo con quel progetto in giro per l’Italia. E mi accorgo che, in qualche modo, questo appunto ha un obiettivo: consolidare un punto di vista…
L’appunto è questo: - A teatro posso dire delle battute alle quali corrisponderanno altre battute. Repliche. Ancora repliche. Versi e a seguire altri versi. Ma se la battuta la dico IO a TE so che questo assume senso. Durante EduScé ci interessa scoprire le interazioni che portano alla relazione. Se re-citare è inteso come "citare la cosa" all'infinito, senza creare niente, recitare così crediamo abbia dei limiti. Se recitare (o ancora meglio, dire o raccontare) è un modo per creare spazi, luoghi, tempi, meccanismi di apprendimento e immagazzinamento delle realtà comuni, crediamo sia immenso. Nel “citare soltanto la cosa” l’attore sente intimamente di star mentendo ed è una sensazione che non augureremmo mai a nessuno. Se si riuscisse ad abbassare le difese e a immergersi nel percorso, nell'atto creativo in libera espressione, questo farebbe sentire presenti come persone che cercano. Curiose. Attente. -
Un punto di vista iniziava a formarsi alla fine di tutta questa storia: mentire era una sensazione da non augurare a nessuno, immergersi totalmente in un atto creativo era da augurare a molti. Per chi voleva far teatro o per chi - semplicemente - voleva saper stare nel mondo.
/// L’immagine che vedi sopra è stata scattata nel primo weekend di Eduscé LAB alle Officine Ansaldo di Milano nel 2013. In quella foto, a sinistra, trovi anche Enoch… Prometto di raccontarti presto come è finita con lui dopo questi laboratori…
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