Torino, città laboratorio?
La Fundación Kreanta di Barcellona, una realtà catalana che si occupa di educazione e cultura, mi ha chiesto di scrivere un reportage per la loro rivista. Ho raccontato la città in cui vivo...
A Barcellona c’è una fondazione che si occupa di educazione e cultura: realizza convegni e incontri, pubblica una rivista online e si occupa di raccogliere idee e visioni sulle città creative in Europa.
La Fondazione si chiama Fundación Kreanta e mi ha chiesto di scrivere un reportage su Torino e le arti creative. La nuova uscita della rivista è dedicata alle “Arti sceniche in Europa”. Il numero viene introdotto così:
El número 22 de la CCK Revista reflexiona sobre cómo la acción escénica contribuye activamente a “hacer ciudad”, a veces incluso en conexión directa con el mundo del urbanismo.
Il reportage che ho scritto si chiama “Torino Città Laboratorio” e lo potrai trovare in forma integrale al link che lascio in chiusura. Si tratta di una decina di pagine per cui farei così… Ti racconto come ho strutturato questo articolo e se vorrai potrai approfondirlo tu direttamente leggendolo nella rivista online.
Il primo capitolo si chiama “Radici lontane”, qui racconto cosa accade negli anni vicini al Sessantotto: Pasolini mette in scena per la prima volta alcuni suoi testi per il Teatro Stabile di Torino dichiarando che il “teatro non può essere un medium di massa perché non si riproduce” e per questo è un fenomeno che dovrebbe uscire dalle regole che condizionano la cultura di massa. Pasolini invita poi il Pubblico ad andare a teatro per “instaurare un dialogo con il teatro senza limitarsi semplicemente a giudicarlo”. Negli stessi anni, sempre a Torino, un autore teatrale come Giuliano Scabia si occupa - con il suo gruppo di lavoro - di portare il “teatro fuori dal teatro” nelle scuole, nelle fabbriche, nei centri psichiatrici, nelle assemblee cittadine mettendo in crisi la realtà esistente in favore di una nuova realtà possibile. Lo fa all’interno di un particolare filone progettuale chiamato “Decentramento”, sempre per il Teatro Stabile di Torino.
Parto da qui per proseguire il viaggio negli anni Ottanta e Novanta con il capitolo “Motore creativo” e la condivisione di alcune esperienze cittadine come il Cabaret Voltaire, il Laboratorio Teatro Settimo, la Scuola Holden, la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani fino alle ultime nate negli anni Duemila come Fertili Terreni con il coordinamento di tre realtà (Cubo Teatro, AMA Factory e Tedacà), il Teatro della Caduta, Casa Fools... Vengono anche citate realtà come il Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, TPE Teatro Piemonte Europa, Colline Torinesi Festival, Torino Danza e spazi di gestione culturale “ibrida” come il Polo del ‘900, il Circolo dei Lettori e la Rete delle Case del Quartiere.
Proseguo con un capitolo chiamato “L’arte come qualcosa di vivo” dedicato al legame tra la città, i musei e i festival d’arte contemporanea. Da Artissima fino al nuovo Centro per la Fotografia Camera passando per le OGR Officine Grandi Ripazioni. C’è anche un capitolo dedicato al cinema, musica elettronica e altre culture “Abbracciando il futuro” dove si menzionano i diversi festival dedicati al cinema - come il Torino Film Festival, Lovers Festival, Cinema Ambiente - e alla musica elettronica - come Club To Club, Traffic, MITO - fino a Terra Madre Salone Internazionale del Gusto e Biennale Democrazia.
L’ultimo capitolo si chiama “Aprirsi alla follia”. Quasi quasi, questo ultimo capitolo, potrei scrivertelo direttamente qui e come ti dicevo all’inizio, se vorrai leggere tutto il reportage completo, ti lascio a fine storia il link alla rivista.
Intanto, ecco qui lo spoiler sulla fine :-)
Aprirsi alla follia
Arriviamo ad oggi dopo aver raccontato la città attraverso un punto di vista specifico: la creazione contemporanea. Non abbiamo parlato della sua storia antica, non abbiamo menzionato l’architettura del XIX secolo e dei suoi ospiti illustri come Nietzsche o Erasmo da Rotterdam. Cerchiamo di tracciare il presente-passato e il presente-presente proprio perché l'Italia, oggi, si riconosce nel mondo per il suo passato-passato: Roma e le sue antiche rovine, Venezia e i suoi canali, Firenze e le sue opere d'arte rinascimentali. Un passato che molto spesso rende le città italiane attrattive solo per il turismo di massa, tra cartoline cristallizzate nel tempo e piccoli souvenir magneti da frigo.Proviamo a disegnare una nuova identità per una città italiana come Torino. Un paesaggio metropolitano dalla forte vocazione europea, una città in movimento, mista e ibrida nei suoi linguaggi, capace di accogliere le sfide del nuovo millennio, superando la crisi del mercato industriale con un salto culturale e una rigenerazione dei propri spazi urbani.
Bastino come esempio alcuni luoghi iconici della città: il Campus Einaudi come nuovo polo universitario che coniuga spazi del sapere e della didattica con spazi residenziali; Parco Dora, un parco postindustriale all'aperto e sede di musica elettronica; festival, le Fonderie Limone di Moncalieri, un'antica fabbrica riconvertita in una delle sedi del Teatro Nazionale di Torino con laboratori scenografici, sale prova e grandi sale per la stagione di teatro e danza, e infine le OGR – Officine Grandi Riparazioni, trasformate in uno spazio d’arte contemporanea dal forte impatto.
Fulcro di questa trasformazione a livello internazionale sono stati i Giochi Olimpici Invernali del 2006, che hanno segnato il volto di Torino sempre più scoperti all’estero. E insieme ai Giochi Olimpici, una nuova luce è arrivata con il festival Eurovision 2022 chiamato informalmente Eurofestival, uno degli eventi musicali e non sportivi più seguiti al mondo.
Possiamo dire allora che la cultura contemporanea di una città è uno spazio per la costruzione dell'identità sociale. E come dice Italo Calvino, autore de Le città invisibili che qui visse a lungo: “Torino è la città dove lavoriamo di più, dove sprechiamo meno energie, dove meno disperdiamo”. Un luogo “che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica e attraverso la logica si apre alla follia”.
Aprirsi alla follia, aprirsi a nuovi spazi e tempi da immaginare. Un'ottima apertura per tutte quelle città che vogliono ricercare un nuovo contatto con il Pubblico e, in senso più ampio, con i propri Cittadini. Un'apertura che sarebbe piaciuta moltissimo anche a Pasolini.
Ti lascio qui il link alla rivista integrale, fammi sapere se leggerai tutto l’articolo:
CCK Revista 22. Artes escénicas en Europa
Turín, Ciudad Laboratorio
Andrea Ciommiento
pp. 24 - 33
Link: https://www.ciudadescreativas.org/revistas/artes-escenicas-en-europa/
/// L’immagine che trovi all’inizio è di Club to Club Festival al Teatro Carignano di Torino
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Grazie Giuseppe! Provo a risponderti... Certo è possibile avere esperienze culturali e creative anche nei piccoli paesi, non solo nelle grandi città. Ci sono diverse realtà che lo fanno, sono realtà eroiche perché più isolate ma ci sono ... Magari una volta si potrebbero raccontare anche qui su Precise Storie... Riguardo all’altra domanda sul teatro: il teatro è vitale quando esce dalle logiche dell’eventificio. Serve seguire ancora una volta il consiglio di Pasolini quando dice che la poesia non è come un paio di scarpe che si consuma. Ecco, la poesia come il teatro hanno senso quando sono merci in-consumabili. :-)
Ho letto soltanto il messaggio contenuto nella mail e mi ha incuriosito, leggerò tutto l'elaborato appena possibile.
Per il momento mi sorgono una domanda, è possibile allargare progettualità ed esperienze come quelle di Torino, anche in centri minori?
Collocare il teatro al di fuori della dinamica della del consumo di massa è una scelta o una condizione imprescindibile del teatro?