Di cosa parla una Community Opera?
"Silent City" è il nome di un progetto legato all'opera lirica e al lavoro di comunità. Così Vania e Alessandra, nel 2018, mi chiedono se per Matera Capitale Europea della Cultura 2019 avrei potuto...
Siamo nel 2018. Qui è notte. Sfrecciamo sulla Basentana, la statale che unisce Potenza ad altre città lucane. Alla guida c’è Vania e io sono al suo fianco. La strada è deserta e Vania mi racconta tutto, proprio tutto, sul perché siamo qui. A un certo punto l’auto inizia a spostarsi nella corsia opposta e vedo gli occhi di Vania esausti mentre le sue parole continuano a uscire.
-Vania, tutto bene?
- Sì, sì. Benissimo… Dove eravamo rimasti? Forse ti dicevo che poi con la Fondazione Matera 2019 abbiamo iniziato un dialogo importante perché questa era…
- Vania, guido io? Accostiamo dai, fermati… Lì dove c’è il distributore di benzina…
- A un certo punto abbiamo pensato proprio a questo, volevamo portare per la prima volta una produzione d’opera in Basilicata. Perché sai, qui non c’è mai stato un teatro d’opera …
- Davvero, Vania, accosta, guido io! (Dico con tono deciso) Sei molto stanca…
- Va bene ... (Vania rallenta e accosta. Poi mi guarda) Hai ragione, in effetti. Se poi la nostra vita finisce, non possiamo finire la Community Opera.
Sì, perché Silent City era il nome del progetto di cui mi stava parlando Vania. Una “community opera” fatta di sogni lontani che partivano dalla passione per l’opera lirica e per il lavoro di comunità. Vania, insieme ad Alessandra, erano le “animatrici” di una realtà teatrale lucana chiamata l’Albero che nel tempo aveva maturato diverse esperienze progettuali tra laboratori e spettacoli.
E questa, nel 2018, si prefigurava come una nuova avventura che vedeva la produzione di una Community Opera ovvero un’opera lirica co-creata insieme alle comunità locali e a professionisti del teatro e della musica. Tra questi c’ero anche io: Vania e Alessandra erano alla ricerca di un autore che non fosse solo capace di scrivere ma che sapesse lavorare con le comunità locali. In altre parole: erano alla ricerca di un drammaturgo che potesse anche essere “mediatore artistico”. Loro avevano saputo di me grazie a Gommalacca Teatro, un’altra realtà teatrale lucana con cui avevo collaborato qualche anno prima, fin dai tempi di EduScé LAB.
Così, dopo un breve colloquio conoscitivo, Vania e Alessandra mi invitano a collaborare, definiamo gli accordi e strutturiamo un calendario di laboratori con abitanti di tutte le età in Basilicata. Sappiamo che l’obiettivo finale è uno: la scrittura di una storia da consegnare alla librettista veneto-somala (Cristina Ubah Alì Farah) e al compositore inglese (Nigel Osborne). Un’opera da presentare a Matera durante l’anno da Capitale Europea della Cultura 2019. E da realizzare insieme a molti artisti, tra cui l’Orchestra Senza Spine di Bologna.
Matera, Melfi, Potenza, sono i luoghi dove incontro le diverse comunità arrivando in poco tempo a conoscere un centinaio di persone, da Classi delle scuole elementari fino ad abitanti over 65. Ci incontriamo dappertutto, in sale teatrali, in salotti di case, in piazze all’aperto. Ogni luogo diventa così uno spazio-laboratorio. In base al gruppo iniziamo ad adattare il lavoro e a raccogliere storie. Le tematiche sono tante e il mio mandato è quello di “compiere sintesi”.
L’opera è il pretesto per raccontare la storia di una comunità silenziosa, quella di Matera e dei lucani, una comunità che ha vissuto in passato un sentimento di vergogna e che - grazie all’anno da Capitale europea - ha trasformato quel sentimento di vergogna in orgoglio.
Nei miei diari ho riscoperto questo testo che spiega con precisione cosa abbiamo vissuto. Prima della presentazione ufficiale dello spettacolo avevamo realizzato un evento di comunità a metà percorso (tecnicamente chiamato “crash test” dalla Fondazione Matera 2019). Avevamo invitato le diverse comunità locali incontrate con i laboratori. Un modo per aprire e condividere ancora una volta il processo di creazione artistica e far sentire questa storia un po’ di tutti (e non solo nostra).
Ti lascio qualche frammento del testo:
VANIA: Come raccontare il progetto di “Silent City” in poche parole? Avevamo un sogno, volevamo condividere una nostra passione: l’opera lirica. Non potevamo pensare a un libro? A uno spettacolo di prosa? A un documentario? Perché proprio un'opera lirica?
ALESSANDRA: Siamo partiti dalla creazione di una storia da immaginare insieme agli abitanti (bambini, giovani e anziani di Matera; famiglie di Potenza e Melfi, giovani professionisti. Una storia scritta oggi e non una storia di ieri, già scritta in passato. Per fare questo abbiamo invitato alcuni professionisti. Per esempio Andrea, con cui abbiamo proposto i laboratori di drammaturgia interamente dedicata alla raccolta di storie. Andrea ha preso un aereo da Torino ed è arrivato qui.
ANDREA: Da Torino a Bari, da Bari a Matera. Vania e Rita mi aspettano. Vogliono subito farmi fare un giro della città. Mi portano in un angolo nascosto, dove non c’è nessun turista, non c’è nemmeno un bar. Giriamo l’angolo e ci sono tre scalini da fare, una porta di pietra, davanti a noi tutta la Gravina. Vania mi racconta che tutte le persone in visita a Matera le porta qui, per un motivo: da qui capisci come è costruita. Da una parte, la Gravina, il luogo naturale che ti fa comprendere come era questo enorme luogo. Dall’altra, Matera, la città scavata nella roccia, un grattacielo naturale di dieci piani in profondità.
Poi siamo scesi nel Sasso Caveoso, qui Rita mi racconta che suo nonno lavorava proprio in questa zona dei Sassi. Da piccola lei andava li, in quel luogo abbandonato. Lei da bambina non ha mai visto i Sassi pieni di gente. Era piccola e ora, da grande, rivedere questa parte così cambiata fa un certo effetto. Mi dice che una volta vorrebbe riportare suo nonno in questi luoghi, farsi raccontare i suoi ricordi con precisione, per non perderli, per ricordarli. La nostra passeggiata continua, dal Sasso Caveoso proseguiamo e a un certo punto appare una lunga via pieni di locali e ape-car, le motorette che portano i turisti italiani e stranieri a scoprire le vie più antiche della città. Alla fine risaliamo fino alla Cattedrale, ci fermiamo alla balconata per riscoprire la città da dentro, dove si vedono le case l’una sull’altra.
Nel pomeriggio andiamo nella parte nuova di Matera, nel quartiere di San Pardo. Ci aspettano nella casa di Caterina un gruppo di abitanti over 60, anche se la loro vivacità sembra under 25. Ci troviamo nella casa di Caterina insieme a una ventina di altri abitanti. Questo è un gruppo di vicini ma soprattutto di amici. Il gruppo si ritrova spesso qui a casa, organizzano molte occasioni di ritrovo nel quartiere. Vogliono ricreare il senso di appartenenza del vicinato, come una volta nei Sassi. Il vicinato era un luogo sicuro, un luogo dove tutte le persone che abitavano vicino potevano sostenersi a vicenda, dove i bambini potevano giocare insieme sapendo che tutte le famiglie erano pronte a prendersene cura.
Una volta entrati in casa ci conosciamo con un piccolo gioco (Andrea e Gino prendono un fiammifero e lo tengono acceso per qualche secondo, il racconto continua). Le regole sono molto semplici: presentarsi in poche parole, nel tempo di un fiammifero acceso. Le storie sono tante, noi vogliamo scoprire come ognuno si presenterà. Tra questi c’è Mimmo, che ci racconta la sua storia da bambino.
GINO (legge il testo chiedendo a Mimmo di alzarsi in piedi):
Mio padre era un costruttore.
Quando ero bambino mio padre acquistò un terreno nel quartiere S. Pardo.
Non c’era nulla, solo campi e aperta campagna.
Mio padre era convinto che quella zona sarebbe diventata il nuovo centro di Matera.
Una sera, mentre giocavo fuori casa, c’era mia madre seduta nel buio.
La luce era spenta, per risparmiare.
Mio padre aveva investito tutti i soldi in quei nuovi terreni.
Così entrai in casa:
- “Mamma cosa fai?”
- “Stò.”
Mi avvicinai toccandole il viso.
Stava piangendo in silenzio.
Poco dopo arrivò mio padre, in casa al buio:
-“Cosa state facendo?”
-“Piangiamo”.
Mio padre si arrabbiò, perché piangevamo per la vecchia casa da lasciare.
Mia madre piangeva perché doveva seguire il sogno di mio padre.
Mio padre si era convinto che la nuova città sarebbe nata da lì a poco.
Aveva ragione.ANDREA: Questo è stato per noi un buon punto di partenza: l’immagine più forte che rimane è quella di un bambino che si chiede cosa sta accadendo là sopra, nella nuova città da costruire. Là sopra, in alto, perché la città vecchia delle pietre, è sotto, a dieci piani di distanza. Là sopra, nella nuova città, tutto era ancora da costruire. Là sotto, nella città antica, c’era una madre che piangeva per la paura del futuro.
ALESSANDRA (lettura versi):
Vieni anima mia bella
Fior di giacinto e rosa
Illumina, occhi di stella
Scorri come acqua, rosa
Ninna Nanna, Anima bella
Ninna nanna, Occhi di stella
Nella cava tenebrosa
Nuda di pietra odiosa
Alto si leva il canto
Acuto arido pianto
Ninna Nanna, Anima bella
Ninna nanna, Occhi di stella
Sulle ciglia molli posa mano dolce e deliziosa.
Oh guarda come mi stringi Mentre nel sonno ti fingi!
Ninna Nanna, Anima bella
Ninna nanna, Occhi di stella
Senti che il vento si frange? O è un fanciullo che piange?
Senti neri lugubri suoni? Funesti orridi tuoni?
Ninna Nanna, Anima bella
Ninna nanna, Occhi di stella.ANDREA: In questa nostra storia tutto inizia dal buio. Non è l’inizio del mondo. Non è una distesa di stelle. È una scena senza luce. Notte. La città ora è silenziosa. C’è una madre e un bambino. Non ci sono tavoli, non ci sono giochi d’infanzia, non ci sono letti. Fuori dalla stanza c’è ancora una distesa di pietre e fiumi. C’è il canto della Donna, lontana dal figlio, il canto di una “ninna nanna” che protegge. La Donna canta perché teme che quel paesaggio antico, insieme al figlio, non durerà.
Il silenzio di questa notte è il sonno di tutti i bambini della Città del Silenzio. C’è il buio, il riparo nelle case e tra le vie della Città c’è il suono della notte, dove i bambini e le madri cantano questa “ninna nanna”. Ora accanto a loro, fuori nelle strade della città antica, si presentano alcuni personaggi sconosciuti, i Fantasmi senza volto. Non sappiamo cosa vogliono davvero o chi stanno cercando a quest’ora; eppure anche questi fantasmi cantano. Cantano gli scenari futuri, cantano una loro bizzarra “ninna nanna”. I fantasmi sognano nella loro “ninna nanna” grandi strade senza flussi d’acqua naturale, strade fatte di luci elettriche e grandi macchinari tecnologici. Cantano una città dai mille pericoli e osservano le persone che dormono lì, casa per casa, dove le luci sono ancora accese prima del sonno. Ora la “ninna nanna” saluta la notte.
ALESSANDRA (legge i versi): Senti il rombo atroce? Cane che ringhia feroce? Fiume trasuda catrame / Scorre orrendo liquame / Sono ombra, sono spettro / Futuro branditor di scettro / Gru scavatrici in arrivo / Mentre ti scondi furtivo / Grida funeste d’uccelli
I tempi non sono più quelli / Sono ombra, sono spettro / Futuro branditor di scettro / L’acqua dei pozzi malata / Sfrigola schiuma arrabbiata / Splodono scoppi motori / Soltanto questi gli albori / Sono ombra, sono spettro / Futuro branditor di scettro / Volti arcigni arrossati / Scavano vanghe febbrili / Conclusa l’era dei vili / Vecchi feticci sbagliati.ANDREA: Ma chi sono i protagonisti della nostra Silent City? Sono tre ragazzini: Domenico, Rocco e Caterina. Loro non sanno cosa sia accaduto in quella antica notte di buio di tanti anni fa. Non sanno nulla di quella città, di quel bambino, di sua Madre e dei fantasmi. Loro sono ragazzi del presente. Vivono nella città nuova, nel 2019. È mattina e li vediamo ognuno nella propria casa. Una casa contemporanea, dove c’è tutto. Ci sono zaini con i libri per la scuola, ci sono tablet, smartphone e televisori. Domenico ama l’avventura e il pericolo, trascina sempre gli altri due alla scoperta dei luoghi sconosciuti della loro città. Rocco segue Domenico dappertutto. Caterina invece è una sognatrice, immagina ad occhi aperti, immagina viaggi fantastici nella natura. Un giorno, i tre giovani protagonisti, progettano una fuga. Vogliono scendere fino al punto più basso della loro città. È la parte più silenziosa, tra le rocce. A causa di un imprevisto incontreranno là sotto un bambino. Un bambino che non sa parlare e che loro chiameranno il “bambino il silenzio”.
Chi sei? Puoi dirci come ti chiami? Sei della nostra scuola? Puoi rispondere? Il bambino del silenzio non risponderà con la sua voce, ma li porterà in un mondo nascosto e sotterraneo, fatto di personaggi e ricordi del passato. Questo bambino li condurrà all’interno di una memoria del sottosuolo: la storia della città dimenticata. La storia di Silent City è un gioco temporale in cui si racconta il mondo di ieri e quello di oggi. Un racconto sulla scoperta, non solo di una città, ma di una memoria antica.
Se sei arrivato fin qui te ne sono grato e ti prometto che manca soltanto qualche manciata di righe per la fine…
Insomma, noi abbiamo scoperto molte cose grazie a SilentCity, una fra tutte: anche l’opera lirica può diventare uno strumento per fare comunità.
E poi abbiamo scoperto che i luoghi del silenzio sono luoghi intimi e personali, sono luoghi sicuri, come le braccia di una Madre, come una parte di sé. Sono il volto di chi attende il ritorno del Bambino del Silenzio, come nella nostra storia. È l’asilo abbandonato dove Caterina, Rocco e Domenico andavano da piccoli. È la Chiesa in cui stare attenti. Dove ascoltare qualcosa di sacro. Nel luogo del silenzio c’è ancora il tempo per addormentarsi. Come nei giardini segreti. Il luogo del silenzio è il posto segreto: è “stare sulle nuvole”. Una camera e il diario. È il fiume, quando non c’è più nessuno nel fiume. Uno zaino rosso, solo sul divano. Quando dormiranno. Quando disegneranno. Quando scriveranno. È la notte silenziosa e buia da cui tutto è cominciato.
Nel 2019 abbiamo presentato SilentCity, la nostra prima “community opera” e negli anni a seguire lo stesso format è stato portato in diverse città come Milano, Bologna, Udine con il sostegno del Ministero della Cultura e di altri enti sostenitori… Prometto di raccontartelo più avanti.
Ora ti lascio con un video e la voce di alcuni piccoli co-creatori che raccontano di noi e di quando ci hanno incontrato:
/// L’immagine che vedi all’inizio è stata scatta nei Sassi di Matera ed è la locandina di Silent City.
/// Sto ricevendo diverse risposte a questo punto, ne sono felice. Ti rinnovo l’invito perché mi piacerebbe costruire qualcosa insieme: se vorrai in una delle prossime volte mi piacerebbe inviarti delle domande scritte e leggere io - grazie alle risposte - alcune tue storie, anche piccolissime. Potrebbe essere una piccola parentesi per qualche racconto collettivo di Precise storie. Basterà fare “rispondi” a questa mail (se stai leggendo questa storia dal tuo indirizzo mail) scrivendo “Va bene, ci sto!” e la tua risposta mi arriverà direttamente. Oppure se ti è più comodo, quando vorrai, basterà scrivermi a questo indirizzo: precisestorie@andreaciommiento.it.
/// Lo sai, se ti fa piacere c’è un modo per interagire con queste storie. Puoi cliccare qui sotto scegliendo tra i bottoni: “Like” (per dire che ti è piaciuto questo racconto), “Comment” (per scrivere tu un pensiero o qualcosa che pensi sia collegato a quello che hai letto) , “Share” (per condividere il link a qualche persona vicina a te via mail, via Facebook, Instagram, WhatsApp o Twitter). Fammi sapere se interagirai :-)